RAPPORTO CON IL PAZIENTE: EMPATIA O COMPETENZE COMUNICATIVE?
Di Michele Cassetta
Sappiamo tutto sull’empatia e sui neuroni specchio, ma ci comportiamo in modo sempre più aggressivo e litigioso. Professiamo l’ascolto attivo, ma siamo molto concentrati su noi stessi e sui bisogni personali. Parliamo di assertività, ma quello che ci interessa è affermare i nostri presunti diritti, spesso negandoli agli altri.
Si riscontra questa incoerenza ogni giorno: nei luoghi di lavoro, nel traffico, nella scuola e negli agguerriti e imbarazzanti dibattiti televisivi. Una riunione condominiale è capace di provocare veleni e rancori personali che durano tutta una vita e partite di calcio di ragazzini talvolta si concludono con genitori che si picchiamo sugli spalti.
Il problema è che le tensioni e l’incomunicabilità sono spesso presenti anche nei luoghi di cura, dove invece l’empatia, l’ascolto attivo e l’assertività dovrebbero essere di casa.
Da medico, mi occupo di comunicazione medico-paziente e su questo tema mi sono fatto un’idea ben precisa, che è forse poco di moda.
Ricordando che per definizione l’empatia è la capacità autentica di comprendere a pieno lo stato d’animo degli altri, si capisce bene come sia una condizione difficile da accendere a comando e piuttosto fragile da mantenere, in quanto dipende anche dallo stato d’animo personale, dai contesti e dalle altre persone.
Può essere complicato, ad esempio, essere empatici comunicando con un paziente che si comporta in modo aggressivo, stando in piedi in un corridoio di Ospedale, pressati da altre persone che ci ricordano che siamo in ritardo sui tempi delle visite, mentre siamo reduci da una riunione con colleghi finita tra le urla.
La domanda allora è: se l’empatia è la condizione indispensabile per entrare in relazione con il paziente, quando non riusciamo ad essere autenticamente empatici, che facciamo? Annulliamo gli appuntamenti e torniamo a casa?
Inizio sempre i miei Corsi di “Comunicazione Medico-Paziente” ricordando come la relazione con il paziente debba essere considerata un vero e proprio momento di cura e puntualmente vedo annuire con convinzione i colleghi. Ma quando chiedo quanti di loro abbiano mai fatto un corso specifico sull’argomento, si alzano sempre pochissime mani.
E allora inizio da un po’ a pensare: basta parlare astrattamente di un’empatia spesso irraggiungibile in contesti che non la favoriscono. Cerchiamo piuttosto di impegnarci ad acquisire le competenze comunicative. Quelle si possono apprendere!
L’empatia autentica è uno stato meraviglioso ed utilissimo, al quale tutti dovremmo tendere, ma quando non riesce a sbocciare spontaneamente può sempre accadere un miracolo al contratrio: che proprio le competenze comunicative riescano a creare un clima empatico e di alleanza terapeutica.
In poche parole: iniziamo ad imparare come funzionano le relazioni interpersonali e come riuscire a controllarle efficacemente, impegnandoci nello stesso tempo a creare le condizioni favorevoli per lo sviluppo di sentimenti empatici nella relazione con il paziente.
Michele Cassetta